La parola ansia si presenta nel nostro linguaggio e nelle nostre vite talmente di frequente da aver perso alle volte il significato originale.
L’ansia è per definizione “uno stato di apprensione, dovuto a timore, incertezza, attesa di qualcosa” (Treccani). Quindi già la parola racchiude in sé stati d’animo diversi e non per forza negativi! Può essere legato ad una paura, ad una preoccupazione rispetto a qualcosa che accadrà o che potrebbe accadere, che sfugge al nostro controllo o che dipende da noi, ma per cui c’è da aspettare.
La tendenza è tuttavia quella di connotare negativamente questi stati di apprensione, perché ci fanno sentire vulnerabili: c’è un pericolo e noi stiamo in uno stato d’allerta. Dobbiamo fare qualcosa. Spesso, qualcosa per gestirla, esorcizzarla. Sebbene a volte, quando è eccessiva e compromette la nostra vita di tutti i giorni, è necessario placarla è altrettanto importante saperci dialogare e capire a quale pericolo si riferisce.
Non limitarsi a dire “Ho l’ansia” ma approfondire…
“Mi batte forte il cuore…cosa mi sta dicendo? C’è forse qualcosa di cui ho paura?”
“Non sto dormendo bene ultimamente. Forse ho qualche pensiero in più del solito, per cosa sono preoccupata?”
“Mi sento agitata, non riesco a stare ferma, ma se mi siedo un attimo, cosa sento?”
L’ansia è lì per dirci che c’è qualcosa. Ma spesso nel tentativo di scacciarla, ci perdiamo gli indizi che ci fornisce e finiamo per provare principalmente sofferenza, terrore, rabbia… e qualche sintomo fisico.
Sì, perché l’ansia è uno stato emotivo che trova terreno fertile nel nostro corpo, che la accoglie, le crea dei rifugi tra le costole e lungo la schiena, la riesce a nascondere sotto al nostro cuore o a farla addormentare tra le nostre dita. Ma proprio perché rimane lì, incastonata nel nostro corpo, riesce poi a farsi sentire più forte a livello fisiologico. E allora ci resta difficile digerire, oppure si crea un nodo in gola, abbiamo dei forti tremori oppure ci sembra di soffocare, la testa si riempie di pensieri e non si capisce più da cosa viene tutta questa agitazione…ci possono essere scoppi di ira o di pianto. Ma quella sensazione spiacevole resta, così come la confusione.
Fermiamoci. Respiriamo. Sediamoci in un posto che ci fa sentire al sicuro.
Sentire a volte implica anche stare vicino a qualcosa di spiacevole. Siamo pronti e capaci di sentirlo?
Forse abbiamo bisogno di avere qualcuno che ci accompagni in questo sentire, forse siamo consapevoli di qualcosa, ma le lenti che indossiamo non ci fanno vedere fino in fondo, fino alla sorgente da cui tutto questo risale.
Proviamo a non considerare sbagliati noi stessi né tantomeno questa ansia. Cerchiamo di sentire, condividere, ascoltare. Proviamo a darle un nome, una forma, un colore. E chissà che non ne esca qualcosa di nuovo.